domenica 30 settembre 2007

Con estrema autoconvinzione

"Se i carrarmati arrivano saremo spacciati!" sbraitava isterico il soldato Olgan cercando di rimettere in moto l'alambicco celebrale di qualche suo compagno. Tutti loro però sembravano troppo sedati dal Prozac e inebriati dal Viagra per riuscire a preoccuparsi. Olgan decise quindi di affrontare i nemici da solo, lasciando i suoi compagni a se stessi, stesi sulla sabbia del deserto mentre inseguivano farfalle gridando "facciamoci il sugo!"
Nulla di più triste.
Dopo una camminata incessante sotto un sole cocente (talmente cocente da fondere tutte le palme della zona), il soldato si ritrovò a faccia a faccia con il nemico. Era un uomo, giovane. Aveva una fronte rugosa e pochi denti, il pisello in mano, eretto. Dalla bocca usciva una bava collosa bianchiccia che pareva coccoina, la colla di cui ogni bambino si ciba fino ai sei anni d'età.
"C-c-ch-chi se-se-sei?" balbettò come una modella alla prese con un pene minuscolo Olgan. "Avvicinati lentamente..." continuava tremando.
Quell'uomo misterioso pareva aver perso ogni traccia di ragione. Ora vorticava il suo pene nell'aria cantando un vecchio canto di chiesa, ora mostrava il culo agli avvoltoi chiamandoli "petroliere", ora prendeva la pistola e sparava in alto, direzione sole gridanto "basta, ho caldo". Ora chiedeva acqua a Olgan. Che gliela
diede tra il commosso e il divertito. Guadagnata un po' di stima del folle, Logan gli richiese chi fosse. Il pazzo si presentò: era Osama bin Laden, nome noto agli adoratori di macerie, ma sembrava solo, abbandonato, ammattito. Faceva -davvero- pena. Olgan tentò di prendere la pistola, puntargliela e riempirlo di piombo. Ma non riusciva, l'espressione da carpa rimandata a settembre di quel tizio lo riempiva di affetto. Sì, affetto. L'uomo che aveva voluto la tragedia dell'11 settembre. Sì, affetto. Eppure fino a pochi minuti prima, ovviamente, lo odiava visceralmente, quel maledetto criminale. Ora però era un vecchio barbuto onanista che parlottava con la sabbia credendo di essere a Venezia, in Piazza San Marco, in mezzo ai piccioni. "Mi ci vuole un po' di mais da dar loro da mangiare," comunicò al soldato il criminale. "Ha mica un tombino?".
No, quell'uomo non poteva essere freddato. Non se lo meritava: quell'Osama era diverso da quello conosciuto. Decise di aiutarlo.
E fu così che arrivò la sera, inaspettata e silenziosa come un twist di un cetaceo. Il soldato Olgan diede una coperta ad Osama, quasi sorridendo. Si addormentarono guardando le stelle e il fumo proveniente dai soliti asili bombardati.
La fase R.E.M. del soldato fu un inferno: sognò più e più volte due aerei che traffigevano due torri come fossero di sterco sudato e poi collassavano addosso di lui. Si risvegliò sudato come un facocero a Bibione. Si alzò, tirò fuori dalla tasca la sua pistola e s'avvicinò al criminale. Pose la canna a pochi centimetri dalla tempia destra dell'arabo, gridò: "fottiti" e si ritrovò smerdata di sangue e materia cerebrale tutta la divisa e la faccia.
L'ecccitazione era grande: AVEVA APPENA UCCISO OSAMA BIN LADEN. Non potè fare a meno di masturbarsi, prima di ricoricarsi.

Il giorno dopo, svegliato dalla violenza dei primi raggi solari, decise di riprendere la sua camminata senza nemmeno badare al cadavere che lo avete vegliato lungo tutta la notte. Percorse un paio di chilometri senza pensare agli enormi riconoscimenti che un'impresa come quella compiuta poche ore prima gli avrebbe potuto fruttare. Si sentiva male, era quasi dispiaciuto: capì di averlo ucciso solo per liberarsi degli incubi che avevano inquinato la sua notte.
Un avvoltoio volava in alto rincoglionito dal sole, improvvisamente cadde a picco conficcandosi nella sabbia. Olgan pensò di cavarlo da lì per seppellirlo dignitosamente, ma appena tolto il volatile dal terreno, ne uscì un mare di petrolio. "Chissà quanto mi frutterebbe tutto ciò," pensò il soldato fingendo interesse. Poi ripartì.
Gli bastò superare una duna per trovare un vecchio barbuto: agitava una scimitarra cantando canzoni napoletane. Era totalmente fuori di sè per il sole friggente. Olgan gli puntò un revolver sul naso e lo obbligo a presentarsi. Gridava come Paris Hilton indemoniata e -era palese- aveva molta paura. Povero Logan, la faccia che fece quando il folle disse di essere Osama bin Laden. "Non è possibile, l'ho ucciso questa notte," rispose ridacchiando isterico il soldato al barbuto. "Sarà stato un mio sosia, sai, ne ho molti...", sorrise il sedicente terrorista. Al soldato non rimase che fare il suo mestiere, anzi: la sua missione, e lo finì riempiendolo di piombo.
Il suo tragitto continuava lungo granelli e granelli di sabbia -dio solo sa quanti- e non poteva terminare ad ogni fac-simile di terrorista che trovava. Li avrebbe uccisi tutti,"magari fra quelli c'è quello giusto!", ridacchiò il soldatino.

Dopo due settimane di viaggio lungo il deserto uniforme tornò al campo base X3G, sua casa in attesa di tornare in quella vera, calda e confortevole e lontano dalle bombe ,intelligenti o meno.
Si guardò allo specchio, quello specchio che aveva comprato in un mercatino di Tikrit mesi prima. Fra le macchie di sporco e di vecchiaia, si vide: era stravolto dall'avventura. Il turbante legato in testa, una lunga barba a punta, gli occhi proiettati verso il cielo come trottole. "Sembro proprio Osama!", pensò. Raccolse dal letto la sua pistola, se la puntò alla tempia, la tempia destra.
Prima di fare fuoco pensò ridacchiando che aveva sparato a tutti i sosia del terrorista che aveva incontrato, "magari fra quelli c'è quello giusto".
Il colpo partì ferocemente. Ora sullo specchio comprato mesi prima a Tikrit c'erano nuove macchie.

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