giovedì 20 settembre 2007

La camicia di forza delle Libertà

Ci volle un po’ di tempo a Kart per capire che Silvio aveva perso il senno.
Tutti credevano fosse il solito macchiavellico genio, quel tipo di persona che farebbe affari anche con il commercio di panda. Invece, quel giorno, Karl capì tutto: bastò vederlo cercare di innaffiare un prato con un barbone e poi recitare l’ultimo canto del Paradiso vestito da unno e già nella sua mente si consolidò la triste idea di aver perso un amico, una speranza. Passò qualche giorno, poi settimane; Karl scorreva tranquillo sulla lastra liscia della sua vita quando reincontrò Silvio. Si grattava forsennatamente la testa accusando “un prurito all’aureola”. Diceva di essere cambiato e per dimostrarlo mostrava entusiasta il disegno gotico che si era fatto sul pene con un uni posca. Infine, ammise di aver fondato un nuovo partito. E di volerlo far dirigere da una rossa “da urlo”. Gliene mostrò una foto, di questa rossa: Kart pensò che il di lei parucchiere doveva essere il gabibbo, ma tralasciò. Per tutta risposta ad un nulla, Silvio cominciò a blaterare del nesso sociologico tra la filosofia di Hume e quella del "biondino dei Backstreet Boys” accompagnando le sue parole sorde con un inquietante movimento di orecchie e occhi, in sincronia.
“Ti vedo bene, Silvio”, mentì Kart.
“Anche secondo me quest’aria ricorda la polenta”, rispose svelto il folle.
Karl se ne tornò a casa sapendo di averlo perso per sempre, da lontano vide il folle Silvio cercare di inseguire una carogna di piccione, che –maledetta- correva “troppo veloce”.

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